Tribunale Milano
TRIBUNALE DI MILANO
(Procedimento Penale 194/2021 R.G. Trib.)
Mia memoria completa (da pag. 18 a pag.40)
ATTI GIUDIZIARI
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Mie note aggiunte dopo aver letto la sentenza di 1° grado di Milano
Alcune osservazioni dopo aver letto la sentenza di 1° grado nel processo contro Pio Alfonso e Omar Petrocca emessa dal Tribunale di Milano.
Incredibilmente vengo continuamente citato, senza essere stato ne indagato ne tantomeno imputato, non ho quindi avuto la possibilità di dare la mia versione sugli accadimenti oggetto del processo.
Ero ovviamente estraneo ai reati contestati, ma è comunque insopportabile la lettura della sentenza, per alcune interpretazioni, deduzioni, commenti e persino conclusioni a cui giungono i giudici in alcuni passaggi, evidentemente recependo l’impalcatura degli accadimenti ricostruita dal Pubblico Ministero che purtroppo ha condiviso per intero la sceneggiatura di Cogorno (rivisitata e corretta dall’avv. Campa).
L’impressione che se ne ricava, condivisa anche da altri a cui l’ho fatta leggere, è quella di una mia sottile correità nelle azioni messe in atto dalle persone poi condannate, mentre la mia azione ha avuto sempre solo ed esclusivamente lo scopo di cedere le mie quote.
Di seguito alcuni passaggi nei quali questa demarcazione di ruoli viene calpestata ed altri in cui, è sufficiente dare una diversa lettura dei fatti, per ribaltarne le conclusioni, trovando viceversa conferma agli accadimenti come da me sempre raccontati:
[A pag. 50]
- … la considerazione che ciascuno dei protagonisti (Omar Petrocca, Antonio Denti e Antonio Calabrese) perseguisse un proprio interesse non incide di per sé sul ruolo di Pio, ma al più determina la posizione degli altri soggetti (rispettivamente, concorrente nel reato, socio nella “scalata” alla CHR s.r.l. e vittima dell’estorsione).
La prima che evidenzio si riferisce al ruolo attribuitomi di “socio nella scalata” alla Comfort Hotels &C, ma io non ho mai desiderato fare assolutamente alcuna “scalata”. Leggasi in proposito lo scambio mail con Calabrese proprio del periodo oggetto delle vicende e cioè inizio 2018 (Allegato 132)
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Come si evince dalla lettura del documento Calabrese mi scrive il 19 febbraio 2018:
“Tra i tuoi impegni se riesci a trovare uno spazio dimmelo che ci vediamo e volevo di persona aggiornarti sulla proposta fatta da CC (per noi Claudio Cogorno) per acquisto mie quote e pagamenti”
A cui rispondo con mail del 20 febbraio 2018 (il giorno seguente):
“se ti compra le quote e te le paga vendigliele subito perché io mi sono veramente rotto di questi due deficienti (Cogorno e Caffi)" …
Altro che mia volontà di scalare la società, come si legge non ero per nulla interessato alle sue quote casomai al contrario di disimpegnarmi a mia volta.
[A pag. 127] (passaggio non importante ma significativo della condotta di Cogorno)
- … Alfonso: Comunque, il pezzo grosso è stato il mio compare Antonio qua, che ha fatto la mossa giusta, ci ha ascoltato. Sennò era dura, diglielo alla signora Denti che va in giro a fare la buffona che dice di Antonio così e così…
Alfonso: Perché le notizie che arrivano ad Antonio non mi piacciono a me come si comportano i Denti dopo il favore che gli hai fatto tu eh.
Omar: Ma il… uhm, Antonio se la prende lui per carità ognuno è fatto…
Alfonso: No ma scusa voglio vedere a te uno che ti dice che sei un ladro che cazzo fai? Voglio vedere te cosa fai?
Omar: Detto da loro, veramente, guarda,
Alfonso: Ho capito, detto da loro punto ma tanto ha stima di me, stima di te; quindi tu, lui che cazzo ne sa che noi cosa pensiamo di Antonio? E allora gli girano i coglioni punto ma poi dice: io sono stato un signore, perché io ero andato con Cogorno, voi mi avete detto di stare con voi e io sono stato subito con voi, capisci? E tu ancora fai il pezzo di merda Denti e tua moglie, quella donna di merda, eh? Vai a dire in giro cose … se ne è andata in spiaggia … gli ha raccontato Said che se n'e andata in spiaggia a dire che qui il signor Calabrese non conta un cazzo che contiamo io, Omar e coso punto come cazzo si permette?
Alfonso: Lo sai che quello lì è una merda … come cazzo si permette? Quella, la gente parla per niente e parla troppo punto ho capito?
Omar: Questo è vero parlano tutti troppo.
Alfonso: Ecco allora vedi … vedi che tu sei l'amministratore, di stringergli un pò la bocca, capito? Sennò gliela stringo io. Capito? E spiegagli alla signora … alla signora li Denti che Antonio è tornato per noi, non per loro. Perchè sennò loro si attaccavano il cazzo, non prendevano manco i soldi, e Cogorno gli faceva un culo così. Hai capito o no? Devono baciare dove cammini.
Rilevo che mia moglie mai si è permessa di fare, in spiaggia a Finale Ligure, alcun tipo di confidenza a chicchessia (non si comprenderebbe nemmeno la ragione nè la convenienza di quella sopra riportata), per cui ritengo che Said, che era il “lecchino confidente” di Cogorno, certamente imbeccato proprio dallo stesso, fece filtrare queste false dicerie, scientemente e viscidamente, per avvelenare i rapporti tra gli altri soci secondo il vecchio motto latino “dividi et impera”.
Peraltro, proprio Cogorno già in passato adottò la stessa strategia anche con il sottoscritto e Calabrese medesimo, per cui noi due (io e Antonio) non ci parlammo per lunghi periodi lasciandogli quindi campo libero per “spadroneggiare”.
[A pag. 227]
- …Cogorno ha infatti ricordato che nell'occasione aveva subito chiamato Denti per raccontargli l'accaduto e anche per lamentarsi (perché in fondo riteneva, con buone ragioni, Denti responsabile di aver permesso l'ingresso di Pio e Petrocca nelle vicende della CHR s.r.l.), ciò che trova piena conferma nelle conversazioni di seguito riportate (in cui Cogorno sollecitava Denti a prendere iniziative, ciò che Denti non risulta abbia poi fatto nei giorni successivi – Nota 213).
Stupefacente passaggio della sentenza. Ci si spalma sulle deliranti dichiarazioni di Cogorno, soprassedendo incredibilmente sul fatto, accertato, che Pio Alfonso alloggiava gratuitamente la propria compagna da oltre 2 anni in una suite dell’hotel e della cui presenza erano certamente a conoscenza Calabrese e lo stesso Cogorno.
Si è tollerato (da questi due) il comportamento da padrone dell’hotel di Pio, che entrava ed usciva a piacimento, pranzava e cenava a sbafo, che alloggiava stabilmente e gratuitamente in una suite la propria amante (leggasi la deposizione della Viscido Carmela), ed il sospetto (a questo punto più che legittimo) che anche la moglie di Petrocca utilizzasse i servizi della spiaggia “a gratis” tutto artatamente occultato al sottoscritto, ed io che ho venduto ufficialmente le quote (come è normale fare) davanti ad un notaio, con pagamento delle quote tracciato con assegni, con allibrazione dei soci come si fa nelle società normali, vengo ora additato come quello che li ha fatti entrare.
Questi erano già dentro evidentemente!!!
Ho definito in passato “kafkiana” la vicenda Gubina ma senza scomodare il grande scrittore boemo basterebbe richiamarsi al famoso personaggio dell’attore comico Paolo Villaggio per definirla più prosaicamente “Fantozziana”.
Assurdo.
Mi si spieghi per quale ragione poi, non avrei dovuto cedere le mie quote a chi si era proposto di acquistarle, dopo che avevo sottoscritto ben due preliminari (in successione, uno dopo l’altro, e che durarono quasi un anno) con Cogorno, da questo poi disattesi, ma con la irritante situazione, che dopo averli sottoscritti, Cogorno già si palesava (per tutto il 2017) come il padrone unico dell’hotel, tenendomi all’oscuro di molti aspetti della società (da cui le continue liti ed i famosi “spadroneggiamenti”) manovrando a mio danno per cacciarmi dalla società con due dita negli occhi.
Rammento che in una società per azioni, queste sono liberamente trattabili, non è prevista (quantomeno nello statuto della S.p.A. CH&R) la prelazione degli altri soci e nemmeno il gradimento sull’identità di nuovi soci entranti.
Sino a quando la situazione della Gubina gli è servita se ne è stato zitto, quando poi la situazione delle alleanze societarie si è rovesciata a suo sfavore, chiese soccorso proprio a colui al quale aveva cercato di tirare il bidone (il sottoscritto).
E’ indubbio che fu proprio Cogorno ad aver determinato, con la sua condotta da padrone all’interno della società, le condizioni divisive con i dissapori tra i soci e le conseguenti liti già a partire da inizio 2017.
Fu ancora lui, ad aprile 2018, con il suo tentativo di acquisire le quote di Calabrese per impadronirsi della società ad innescare le successive vicende nella Comfort Hotels &R, come riporta anche la sentenza:
[A pag. 54] Il passaggio recita testualmente:
- “l'accordo tra CALABRESE e COGORNO innescava una reazione di Antonio DENTI (che aveva compreso che di lì a poco se non fossero intervenuti mutamenti si sarebbe trovato in minoranza) il quale, in occasione di un pranzo presso un ristorante a Varigotti avviava una interlocuzione con Pio e Petrocca...”
Chiaramente se la compagine societaria fosse rimasta coesa ed unita (contando sul 94% delle quote) sarebbe stata inattaccabile dalle ingerenze esterne e forse tutta la storia avrebbe avuto un esito diverso, ma avendo Cogorno provocato dapprima i malumori, poi le divisioni e infine le liti, questa è diventata vulnerabile ed è stato in quel momento e per queste ragioni che si sono create le condizioni che ne hanno segnato il destino.
Per tornare alle lagnanze di Cogorno, cosa avrei dovuto fare (,,, Cogorno sollecitava Denti a prendere iniziative … ), denunce per interposta persona o per sentito dire? ( il sottoscritto non è mai stato presente ai fatti denunciati - ndr). Avrei dovuto, secondo loro, “rompere” con i miei “potenziali promittenti acquirenti” per ripristinare così la situazione societaria (precedente al cambio di maggioranza) a cui mirava Cogorno e consentirgli di portarla a termine e farmi così cacciare con un calcio nel sedere?
Più che scrivere, in copia per conoscenza a tutti, di condividere la decisione di Cogorno di fare le denunce cosa dovevo fare? E poi chi credeva più a costui considerata la sua condotta perpetrata a mio danno, alle falsità, alle promesse mancate, al tentativo di estromettermi con creativi (intendo per la mancanza di sostanza) aumenti di capitale, e con il quale non parlavo nemmeno, più se non tramite i rispettivi legali?
Questo era il clima tra i soci e non deve quindi stupire la mia attenta, sospettosa, prudente e riottosa condotta alle sue sollecitazioni (…Cogorno sollecitava Denti a prendere iniziative, etc …).
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[Sempre a pag. 227] – Ecco riportata la Nota 213 a piè di pagina
- Cogorno: si lamentava dell'atteggiamento di Denti, oltre che direttamente con lui, anche con Racca in una conversazione di 15 giorni dopo (progr. N.4099 del 24.2.2019):
Claudio: … Cioè fammi fallire la faccio fallire io, e lo mando in galera stavolta, mi spiace. Perché visto che nessuno fa un cazzo, lo faccio io. Io mi dimetto mercoledì da qui, giovedì vado a Finale direttamente dai Carabinieri, con le fotografie delle … delle … delle …. infrazioni e tutto il resto, e sottolineo che il Presidente non ha sottoscritto nessun … nulla. Basta.
Cioè, già fatto, eh. Quindi cioè non è più tempo. Cioè, chiedo io, cioè, lo chiedo io di … di far saltare la società. Cioè io non voglio … non voglio essere assolutamente trascinato da una cosa del genere. Eh, eh, ho dato tutte le possibilità, c'è la possibilità per farlo, non vuole farlo, pagherà le conseguenze punto e lo assimilerò … ai mafiosi, punto.
La conferma di quanto vado sostenendo da anni relativamente alla condotta di Cogorno che, ha cercato di enfatizzare questa vicenda della mafia per trovare un capro espiatorio agli inevitabili fallimenti delle sue società, cercando incredibilmente di assimilarmi alle persone condannate.
Chissà cosa non avrà raccontato pur di riuscire a farmi finire alla sbarra insieme a Pio e Petrocca.
Ho immaginato da subito che avrebbe cercato di farlo, trovandone definitiva conferma durante il controesame del Pubblico Ministero nella mia deposizione del 12 maggio 2021 come teste al processo di Milano contro Pio e Petrocca.
Più che un teste sembrava stesse interrogando uno degli imputati, probabilmente per i racconti delle vicende e per la “presentazione” del sottoscritto che gli aveva fatto Cogorno.
[A pag. 241] (ma leggi anche 242 e 243)
- Con riferimento al pranzo di Varigotti con Denti e Petrocca e alla genesi della vicenda, l'imputato ha confermato il periodo (aprile 2018) e ha poi riferito di avere semplicemente deciso, lì per lì, coinvolgendo Petrocca, di fare “questa operazione” e gli accadimenti sarebbero poi seguiti in modo naturale per una questione di fiducia e di amicizia (“Pubblico Ministero - si trattava di convincere Calabrese? Pio – Convincere? Era amico mio Calabrese non dovevo convincere niente, lui si fidava di me”).
Rilevo sul punto che Pio conferma l’episodio che ho sempre raccontato dell’ormai famoso pranzo di Varigotti. Ribadisco che l’incontro fu del tutto occasionale. Io e mia moglie avevamo deciso solo il giorno prima di fare una puntata a Finale Ligure quella domenica, e certamente nessuno ne era a conoscenza, per cui è evidente la casualità dell’incontro.
Il motivo della nostra andata, come ho sempre raccontato, era quello di salutare tutti nella mia veste di Presidente della società considerata la sicura revoca della nomina, la settimana successiva, per la convocata assemblea dei soci fissata con urgenza dai Sindaci, su richiesta di Cogorno, con all’ordine del giorno appunto la revoca del Consiglio di Amministrazione e conseguente mia “cacciata”.
Per quanto mi riguarda, a quel pranzo, avrò probabilmente ribadito la mia intenzione (peraltro nota da un anno allo stesso Pio) di disimpegnarmi dalla società, a maggior ragione in quel momento in cui Cogorno tentava di prenderne la maggioranza e successivamente (come era facile immaginare) attuare il conseguente AUCAP (da me sempre aborrito perché convinto che sarebbe stato realizzato con conversione di crediti gonfiati) per diluirmi, da cui la disponibilità a cederlo per una cifra che era esattamente la metà di quanto convenuto proprio con Cogorno solo pochi mesi prima nei due preliminari sottoscritti.
Come racconta Pio ritennero (durante o immediatamente dopo quel pranzo), come lui dice (…deciso, lì per lì…,) di “…fare questa operazione…” che per me, ribadisco ancora, era solo ed esclusivamente la cessione entro il 30 giugno 2018 del mio pacchetto di azioni per 150mila euro a Omar Petrocca, da cui le due procure a vendere a lui intestate.
Ricordo che a tavola esposero un ventaglio di possibili sviluppi (esclusivamente a loro vantaggio e che avrebbero poi valutato) che comprendevano la successiva cessione dell’intero pacchetto di maggioranza della società (da cui la richiesta successivamente fattami da Petrocca di acquistare e rivendergli anche i due pacchetti ex Essetielle ed ex A&G, cosa che feci) ad investitori russi ma è evidente che anche Cogorno era un possibile potenziale acquirente.
Risposero alle mie inevitabili osservazioni sulla mancanza di disponibilità finanziaria dello stesso (il riferimento ai due preliminari sottoscritti e poi disattesi solo pochi mesi prima proprio per questa ragione) che avrebbero aiutato loro stessi Cogorno a risolvere questo problema.
Risulta agli atti, dichiarato dallo stesso Cogorno, che Pio già un anno prima si era proposto a lui negli stessi termini e con analoga offerta.
(Cogorno racconta nella sua deposizione – a pag. 25/26 – che durante una cena in hotel a giugno 2017 con moglie, Gubina e Pio quest’ultimo gli fece questa offerta).
Ecco come andarono le cose.
[Sempre a pag. 241]
- Soprattutto, secondo Pio, Calabrese non avrebbe avuto motivo di presentarsi all'assemblea del 26 aprile 2018 e nemmeno a quella successiva del 12 giugno 2018 perché lui è Petrocca a quell'epoca gli avrebbero già comprato le quote societarie.
Esattamente quello che raccontarono anche a me a pranzo a Varigotti. In realtà io pensai, più che ad un acquisto, ad una sorta di compensazione con debiti contratti con questi due da Calabrese.
Del resto non era difficile credere che quest’ultimo fosse stato nella necessità di cedere a dei creditori le sue azioni considerata la condizione di difficoltà finanziaria (vedi anche Allegato 132)
in cui perennemente versava (spiace dover rendere noto che in più occasioni chiese ed ottenne anche dal sottoscritto dei prestiti di danaro).

Ricordo che le azioni erano intestate ad un trust e non nominalmente ad Antonio Calabrese per cui era anche difficile individuare il reale titolare delle medesime e questo fu un problema anche nelle assemblee della società.
La titolarità delle quote ex Ora Consulting se le attribuivano in molti: Antonio Calabrese, il trust DBS (dimissionario), il trust I&G (subentrante ma condizionato all’esito di alcune valutazioni preventive), la FGM Immobiliare di Gaetano La Monaca, Pio Alfonso, Omar Petrocca, Claudio Cogorno.
Se non ricordo male l’assegno da 10mila euro, per tentare l’acquisto delle quote da Calabrese lo fece la Danila Tabacchi, moglie di Cogorno ed ovviamente il protector del trustee era Carmela Viscido, moglie di Calabrese per cui anche queste magari avrebbero potuto avanzare rivendicazioni.
Un delirio (più che un unico titolare, una cooperativa – ndr).
[A pag. 259]
- Innanzitutto, è stato lo stesso Cogorno a riferire di non aver portato a termine ben due accordi preliminari con Denti per l'acquisizione della partecipazione azionaria di quest'ultimo (perdendo anche una caparra consistente) con ciò non nascondendo di non essere riuscito a ottenere supporto finanziario.
Conferma quanto da me sempre raccontato e descritto nelle mie memorie consegnate nel tempo, anche appena sopra, nella ricostruzione del pranzo a Varigotti con Pio e Petrocca.
[A pag. 261]
- Ancora, a seguire rispetto al punto appena esposto, la difesa ha ulteriormente dedotto che Pio non avrebbe avuto alcun ruolo decisivo e si sarebbe limitato a fare da “intermediario” tra Calabrese e la copia Denti/Petrocca: “Pio …non è a conoscenza di tutte le manovre orchestrate da Petrocca/Denti”.
Al contrario, dall'istruttoria dibattimentale è emerso che l'iniziativa delle “manovre” venne avviata in occasione del pranzo a Varigotti dell'aprile del 2018 laddove Denti espose la sua volontà di cedere le partecipazioni secondo quella che sarebbe poi stata la strategia iniziale nei confronti di Cogorno.
Ebbene in tale occasione (decisiva per comprendere l'avvio di tutto quel che è successo dopo) Denti e Petrocca non si conoscevano neppure e vennero presentati da Pio a dimostrazione del fatto che non vi era alcuna manovra orchestrata dalla predetta copia e che, invece, il tutto originò da un confronto iniziale tra Pio e Denti.
Peraltro, che il rapporto tra Pio e Denti fosse ben più stretto di quanto lo stesso Denti ha cercato di sostenere (arrivando addirittura ad affermare nelle riunioni della CHR s.r.l. di non conoscere Pio), non solo si desume dal tenore delle molteplici conversazioni intercettate e dal tenore dell'esame dibattimentale di Pio (“Le intercettazioni non possono smentire perché Denti dice che non mi conosce. Come fa a non conoscermi che mi telefonava sempre e abbiamo fatto l'operazione assieme?”), ma anche dalla deposizione di Gubina Nelli: “… siamo stati due volte con loro a mangiare, una volta a Varigotti una volta abbiamo mangiato mi sembra a cena in albergo lì con loro. Un paio di volte abbiamo mangiato con Denti, però nel 2018 siamo andati anche a Cremona nel paese dove vivono loro, siamo andati da loro perché Denti voleva parlare con Alfonso. Siamo partiti siamo rimasti lì … vabbè, loro parlavano al bar, io con signora Antonella siamo andati in giro a visitare andati due volte siamo stati a Cremona ma non sono rimasta con loro a sentire siamo andati sempre con signora Carmela al centro di paese”.
Una serie di incredibili deduzioni assolutamente fantasiose, e se proprio vogliamo essere pignoli, non si comprende nemmeno come siano state provate processualmente.
La frase corretta dovrebbe essere: Denti espose la sua volontà di cedere le partecipazioni PUNTO!!!
La frase invece continua ( … secondo quella che sarebbe poi stata la strategia iniziale nei confronti di Cogorno) facendo discendere da questo gli accadimenti successivi (di rilevanza penale) senza precisare che questi furono escogitati e messi in atto solo ed esclusivamente da Pio e Petrocca.
Addirittura, si arriva a dedurre “il tutto originò da un confronto iniziale tra Pio e Denti” non si comprende sulla base di cosa. Pio era la seconda volta che lo vedevo (a distanza di un anno dalla prima) e l’avevo incontrato al bar dell’hotel 3 minuti prima dell’arrivo di Petrocca (che vedevo per la prima volta).
Come è avvenuto l’incontro ed il successivo pranzo l’ho raccontato sempre. Le conclusioni a cui giunge la sentenza sono incomprensibili e tutt’altro che dimostrate quantomeno nelle dinamiche successive, nelle azioni conseguenti e del ruolo degli attori.
La conclusione sullo “stretto rapporto tra Pio e Denti” sconcerta. Come si fa a scrivere “che il rapporto tra Pio e Denti fosse ben più stretto di quanto lo stesso Denti ha cercato di sostenere” (arrivando addirittura ad affermare nelle riunioni della CHR s.r.l. di non conoscere Pio).
Mica l’ho dichiarato in Tribunale di non conoscere Pio dove ho invece risposto a tutte le domande rivoltemi, e descrivendo il grado (certamente minimo ed occasionale) di conoscenza.
L’ho detto invece “addirittura” (non si comprende l’uso dell’avverbio utilizzato nella sentenza) in una assemblea dei soci (facendola così sembrare più importante dell’aula del Tribunale) credo rispondendo ad una domanda tendenziosa, sottilmente provocatoria, di Racca che mirava a fornire l’assist per uno dei soliti “pipponi” di Cogorno.
Non si comprende per quale ragione, in assemblee precostituite per gli show di Cogorno, con la regia del suo legale (l’avv. Massimo Campa), avrei dovuto rispondere affermativamente a questa domanda per compiacere proprio lui che invece in tali occasioni ne raccontava di tutti i colori .
Rilevo ancora che, purtroppo, l’indeterminatezza di alcuni passaggi della sentenza, si presta ad una lettura equivoca e tendenziosa della stessa sul mio ruolo nella vicenda, consentendo maliziosamente a Cogorno di associarmi ai condannati per mafia (come aveva peraltro confessato di voler fare nella telefonata a Racca) rilasciando interviste sulla stampa locale (Allegati 137
, 138
, 139
, 140
), alle quali ho ovviamente replicato (Allegato 141
, 142
), ma che non mi hanno però consentito di presentare querela nelle sedi opportune nei suoi confronti.






[A pag. 338]
- Rileva, innanzitutto, una conversazione avvenuta il 30 ottobre 2018 tra Cogorno e Denti avente per oggetto le ingerenze di Pio nella gestione dell'hotel del Golfo. In tale occasione, Cogorno asseriva “visto i metodi utilizzati … non voglio avere il mafioso sotto casa”.
Denti sarcasticamente lo correggeva affermando “qui addirittura dentro casa!”.
Come si vede, in queste occasioni Cogorno si diceva certo della mafiosità di Pio, circostanza che doveva essere ben presente anche a Denti, al punto da indurlo a parlare di mafiosi “dentro casa”.
Conclusione sbagliata (ben presente anche a Denti), fuorviata probabilmente dall’incomprensione da parte mia, a quel tempo, della frase di Cogorno. Soprassiedo sullo stereotipo dell’appartenenza “mafiosa” da lui utilizzato, per quanto mi riguarda, probabilmente solo perché i soggetti sono di origine calabrese al quale non ho naturalmente creduto.
Altre informazioni per ritenerli tali (cioè mafiosi) io non ne avevo.
Solo rileggendo, in seguito, la frase di Cogorno, ho ricavato che lui intendesse (avere il mafioso sotto casa) il timore di minacce fisiche mentre la mia precisazione (“qui addirittura dentro casa”) ‘intendeva “all’interno della società” (per via della loro partecipazione azionaria).
Proprio l’incomprensione da parte mia smentisce la consapevolezza del sottoscritto del tipo di ingerenza: non intimidazione fisica quindi (come forse la intendeva Cogorno) ma partecipazione societaria (assolutamente legittima per quello che all’epoca mi era dato sapere).
Sia chiaro in ogni caso, che ogni atto di violenza, fisica o verbale (nella fattispecie le presunte minacce a Calabrese e Cogorno) a prescindere da chi arrivi (mafiosi o semplici balordi) va condannato ed io l’ho fatto sempre, in tutta la corrispondenza circolata e nelle telefonate intercorse.